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RECUPERO DEL PIANO TERRA DEL CONVENTO DI SAN
FRANCESCO
Progetto
Definitivo
Il complesso della chiesa e del convento di san Francesco di Iglesias
costituiscono uno una delle più interessanti e preziose testimonianze
lasciate dai Minori Conventuali in Sardegna.
La
maggiore difficoltà nello stabilire una datazione certa per l'inizio della
costruzione riguarda l'assenza di materiale documentario relativo all'arrivo
dei francescani nella città di Iglesias. Allo stato attuale si possono
formulare tre ipotesi: la prima la vuole costruita su precedenti strutture
di pertinenza benedettina (G. Spano, 1868); la seconda, determina la data di
fondazione tra il 1324 e il 1330 in seguito all'arrivo, durante la
dominazione aragonese, dei frati minori conventuali (C. M. Devilla, 1958);
di recente, si è ipotizzata una presenza di frati francescani nella città
già dal 1230, e che nel 1326 Giacomo II d'Aragona desse il benestare alla
fondazione ad opera dei francescani catalani.
La
ristrutturazione, in ogni modo, è collocabile con certezza nel XVI secolo,
anche se le date incise all'interno della chiesa mettono in evidenza che i
lavori dovettero essere interrotti e ripresi più volte. Una prima data
compare in alto a sinistra, guardando il presbiterio (1523); in un'altra
epigrafe, incisa nel lato destro della navata, sul quinto capitello, e
nell'acquasantiera compare la data 1558; nelle cappelle ai lati del
presbiterio compare la data 1584.
Assai travagliate furono le vicende che riguardarono il complesso
francescano in seguito alle disposizioni emanate col R.D. 7 luglio 1866 n.
3036 relative alla soppressione degli ordini religiosi e al trasferimento
dei loro beni al Demanio. Il convento, abitato fino al 1864, fu ridotto nel
1865 a caserma e in parte a scuole tecniche e nel 1871 a Scuola Capi
Minatori, mentre la chiesa continuò ad essere officiata dai frati. Nel 1879
l’eccessivo degrado del tetto della chiesa costrinse i frati a realizzare
un primo intervento di restauro della copertura cui si aggiunse
nel 1881, per iniziativa comunale, una più consistente sostituzione delle
strutture lignee, ivi comprese quelle portanti. Entrambi gli interventi
dovettero presto mostrarsi insufficienti se solo dieci anni dopo, nel 1891,
fu necessario intervenire nuovamente.
La più rilevante trasformazione urbanistica intorno al complesso di san
Francesco fu quella dovuta alla demolizione dell’attiguo Oratorio di san
Marcello; l’operazione, decisa nel 1877 per lasciare posto alla
costruzione di una scuola elementare, produsse una profonda alterazione
dell’antico tessuto urbano, modificando i rapporti planivolumetrici
esistenti. Per costruire il nuovo edificio scolastico, anonimo e massiccio,
fu infatti necessario demolire un tratto delle antiche mura medievali,
realizzando un allineamento ortogonale rispetto alla facciata della chiesa
ed arretrato rispetto a quello del preesistente oratorio. Lo spazio
dell’antica piazza medievale così dilatato e regolarizzato rimase
sconvolto per effetto della nuova prospettiva frontale in cui la facciata
veniva volontariamente coinvolta, con un effetto certamente diverso da
quello in cui era stata inserita nel sec. XIV e l’intero complesso della
chiesa e del chiostro veniva per di più proiettato in una nuova spazialità
determinata dall’abbattimento delle mura e posto a confronto con le prime
edificazioni al di là degli antichi limiti fortificati.
Nell’ottobre del 1904 vennero intrapresi alcuni lavori per trasformare la
chiesa in caserma. In quell’occasione gli interventi portarono alla
demolizione di alcuni altari in muratura e all’apertura di alcune
finestre: in reazione a questa violenta operazione si levarono varie voci
tese a difendere il monumento da nuove deturpazioni. Tuttavia, a nulla
valsero le ripetute lamentele, dato che il Sindaco si giustificò ricordando
lo stato di necessità che aveva indotto l’Amministrazione ad eseguire i
lavori di adattamento e che la considerevole spesa sostenuta (7000 lire) era
servita anche per evitare la rovina dell’edificio.
Successivamente a tali eventi, determinanti per la perdita di gran parte
degli arredi interni, ma anche per le pesanti manomissioni inflitte
all’organismo architettonico, lo stato di fatto e l’uso del complesso
non subirono sostanziali variazioni nel successivo decennio. Lo stato di
conservazione doveva tuttavia essere notevolmente peggiorato se già nel
1914 il Comune fece rilevare le precarie condizioni statiche dell’edificio
e chiese alla Regia Soprintendenza per i Monumenti della Sardegna
l’autorizzazione a demolirlo. Il Ministero, su conforme parere dello Scano,
negò prontamente l’autorizzazione intimando invece di provvedere
all’esecuzione delle urgenti opere provvisionali. L’Ufficio Tecnico
Comunale, ritenendo inutilmente oneroso l’intervento richiesto non vi
ottemperò, chiedendo ripetutamente un sopralluogo della Soprintendenza per
le constatazioni del caso.
Il sopralluogo dello Scano avvenne solo nel maggio del 1920 e la situazione,
certamente peggiorata, gli fece constatare come la copertura minacciasse di
crollare e che erano stati realizzati altri interventi arbitrari di cui non
si era a conoscenza. Da quando era passata in uso all’Autorità Militare
la chiesa era stata adibita ad alloggio per i soldati, mentre nella palestra
attigua i militari nel 1916 avevano costruito un forno e nel 1918 due
cappelle erano state adibite a deposito di farina, mentre altre due vennero
adibite a deposito di attrezzi di ginnastica della Scuola Tecnica.
Di fronte ad una situazione tanto compromessa lo Scano nel 1920 avviò un
completo progetto di restauro che, finanziato nel 1923, permise che la
chiesa ritornasse ad essere regolarmente officiata: l’inaugurazione
solenne avvenne nel novembre
1928, mentre i francescani vi ritornarono solo nel 1935. Nel 1937 venne
consegnato alla Soprintendenza un progetto di decorazione che prevedeva
l’apertura di nuove finestre, la creazione di un nuovo pulpito,
l’ampliamento del presbiterio, la realizzazione di nuovi altari nelle
cappelle laterali, la decorazione pittorica della navata e la policromatura
del soffitto ligneo con evidenti tentazioni medievalizzanti. In via
provvisoria si autorizzò la decorazione della Cappella dell’Immacolata,
ma in seguito la Soprintendenza respinse l’ipotesi della decorazione della
navata e si autorizzò invece solamente il pulpito in legno e
l’ampliamento del presbiterio.
Da allora, diversi interventi si sono succeduti, sino a quelli più recenti
(1989 - 1992), che hanno portato al ripristino dell’originaria quota del
pavimento, nonché alla bonifica completa di copertura e strutture murarie.
Nel frattempo è stata pure risolta un’annosa questione relativa alla
proprietà di un cappella sul lato sinistro, per lungo tempo occupata dal
vicino Asilo: ora anche questa parte dell’edificio è stata riconvertita
al suo stato originale ed ospita un retablo cinquecentesco attribuito ad
Antioco Mainas già facente parte degli arredi della chiesa prima delle
spoliazioni di cui si è detto sopra.
La struttura del convento oggi superstite è testimone nel suo stato del
destino di spoliazioni e trasformazioni che l'hanno segnata negli ultimi 150
anni. Dal 1935 una parte di esso è nuovamente abitata dai Frati Minori,
tuttavia il nucleo storico del complesso – nonché la sua parte più
consistente – è rimasto impegnato almeno sino alla metà del XX secolo
come sede di scuole ed uffici giudiziari.
Una parte del complesso è stato recentemente oggetto di un radicale
intervento di recupero (progetto Arch. Ingegno) che ha eliminato le tracce
degli usi recenti e ne ha permesso il recupero come centro culturale ed
ambiente espositivo. I lavori intrapresi nella parte addossata alle antiche
mura e ad una torre – dove negli anni ’40 venne addirittura realizzato
un rifugio antiaereo – hanno così permesso di riportare alla luce buona
parte del chiostro, per quanto ancora oggi le profonde modificazioni
intervenute sul complesso continuino ad occultare l’impianto originario,
impedendone così una fruizione completa e rispettosa della sua storia.
Lo stato attuale dell’edificio.
In seguito ai lavori di restauro che hanno interessato una parte
dell’edificio (il piano primo, la parte attualmente abitata dai monaci, il
corpo a ridosso delle mura) è stato interrotto il processo di
degrado con il consolidamento delle strutture ed il ripristino
dell’intera copertura. Resta tuttavia da completare all’interno
dell’edificio il restauro della porzione al piano terra al disotto
dell’attuale convento e quella corrispondente all’antica sagrestia
adiacente alla chiesa.
Il
progetto di restauro.
Il progetto di restauro conserva l’uso attuali degli spazi: si tratta di
locali destinati alle attività ludico ricreative (gruppo scout).
Si prevede tuttavia una ridistribuzione degli spazi per quanto riguarda i
servizi igienici, con la demolizione dei servizi esterni (evidenti moderne
superfetazioni) con la individuazione all’interno del complesso degli
spazi per i servizi. La nuova distribuzione favorisce la riconoscibilità
dello schema distributivo per mezzo di una chiara distinzione fra lo spazio
servito (le sale di riunione, etc. e lo spazio di servizio (gli elementi
distributivi, gli ingressi e i servizi).
La varietà degli usi, le divisioni funzionali improprie e innumerevoli
opere di adattamento hanno complicato fino a renderlo inintelligibile
l’articolazione spaziale e la disposizione dei piani di calpestio.
Il
progetto di restauro prevede la liberazione della struttura originaria da
aggiunte e superfettazioni recenti ed un adattamento degli spazi così
ottenuti alle nuove funzioni, secondo lo schema seguente:
a)
la grande sala sulla via Crispi, un tempo aula giudiziaria (conciliatura),
costituisce lo spazio di maggiore qualità, viene ripulita degli intonaci
recenti e delle pavimentazioni in mattonelle di gres. Il livello del
pavimento viene riportato a
quello della pavimentazione dell’ingresso dalla via Crispi;
b)
ai due lati della sala si creano due spazi di distribuzione e di
servizio alla sala stessa;
c)
la sala intermedia alla chiesa ed alla sala grande, attualmente
suddivisa con tramezzi in piccole aule non dotate di luce naturale e prive
di qualsiasi conforto, sarà trasformata essa stessa in aula con
l’eliminazione delle tramezzature. Di questo stesso spazio sarà abbassato
il piano di calpestio fino all’altezza degli elementi distributivi e
rinnovata la pavimentazione. È prevista inoltre la formazione di un controsoffitto;
d)
lo spazio con gli archi, parte di un portico più ampio suddiviso al
tempo della legge sulla cessione dei beni ecclesiastici, in comunicazione
agli elementi distributivi, costituisce l’atrio per l’intero spazio
considerato, si prevede la liberazione delle membrature edilizie
dalle superfetazioni, la pulizia ed il consolidamento delle parti in
pietra ed il rifacimento delle pavimentazioni;
e) gli
spazi minori fra la parete nord e le sale saranno destinati ai servizi: si
prevede la realizzazione di tre bagni di cui uno per i disabili.
Le nuove pavimentazioni sono previste in cotto, come nelle porzioni già
restaurate, in qualche caso (vedi ingresso dalla via Crispi) si prevede la
conservazione della pavimentazione in acciottolato.
È previsto il rinnovo completo degli infissi, in quanto quelli esistenti
sono di cattiva qualità e non corrispondenti al carattere dell’edificio.
Si prevede il rifacimento degli infissi secondo il disegno tradizionale di
quelli della parte del convento già restaurata.
Gli
intonaci generalmente incoerenti ed in genere eseguiti con materiali recenti
(malta bastarda) saranno demoliti e rinnovati con intonaco di calce e
sabbia.
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